lunedì 11 febbraio 2008

Mozioni ed adolescenza

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Il gruppo parlamentare della Lega dei Ticinesi attraverso il deputato Norman Gobbi ha presentato al Consiglio di Stato una mozione parlamentare urgente nella quale si chiede di sospendere le naturalizzazioni agevolate (articoli 23 e 24 della Legge sulla cittadinanza ticinese e sull’attinenza comunale ).
In sostanza, la mozione chiede di:
- approntare misure che verifichino la reale integrazione dei richiedenti;
- coinvolgere nelle procedure gli organi istituzionali delle comunità in maniera vincolante;
- controllare realmente la “non pericolosità” dei richiedenti.
La naturalizzazione agevolata, in questo caso va a toccare le persone nate e rimaste nel Cantone per almeno 12 anni che devono richiedere tale procedura prima del compimento del ventiduesimo anno di età. Praticamente si va a “toccare” una fascia adolescenziale.
Diciamo che essa può essere una delle più delicate, trattandosi di un periodo nel quale si forma il carattere e si comincia ad avere idee proprie che si staccano da quello che è “l’Universo dei genitori”. Questi ultimi perdono –in parte o totalmente- influenza sui figli (se mai l’hanno avuta) e, molto spesso, non sono a conoscenza di come loro si comportino fuori le mura domestiche.
Lo sappiamo tutti come funziona dopo i 15-16 anni (beh, adesso anche prima… ma mi limito a parlare dei “miei tempi”, che non sono nemmeno tanto lontani): si cominciavano a fare le prime amicizie “serie”, le prime esperienze e spesso, nelle nostre “bravate” siamo stati trainati dal gruppo, che ci faceva sentire invincibili e “grandi”. Si usciva anche dopo la scuola, magari provando a fare qualche tiro di sigaretta. Poi, la sera -con il motorino- ci si trovava da qualche parte, oppure fuori dal bar, e si stava tutti in compagnia. Quando io avevo 15 anni girava solo un po’ di birra, al massimo una “Smirnoff” e qualche canna messa in piedi alla c***o di cane.
Dopo i 18 anni, invece, si aspettava con ansia di prendere la patente. Ma non era solo quello a darci nuovi brividi, no: potevamo firmare noi stessi le giustificazioni per le assenze da scuola. Non che prima non falsificassimo le firme (credo di averlo fatto solo una volta…), ma ora potevamo fingere di andare a scuola ed, invece, spingerci da tutt’altra parte. Dai: non ditemi che non l’avete fatto. Almeno una sola volta.
Dunque, i genitori non sanno sempre dove sono i figli. Né cosa fanno.
Io avevo degli amici e delle amiche che uscivano vestiti in un modo e, arrivati nei bagni della scuola, si cambiavano e si truccavano. Prima di andare a casa si rimettevano come prima.
Di chi è la colpa? Dei figli stronzi o dei genitori incapaci? Di entrambi.
Io penso che un genitore debba trasmettere fiducia. Solo così un figlio gli confiderà tutto. Conosco ragazzi e ragazze che potrebbero confidare ai loro padri e alle loro madri che, quella sera, si sono fatti una striscia di coca. E non accadrebbe nulla. I genitori si metterebbero seduti e gli spiegherebbero cosa può accadergli con quella roba.
Se lo facessero altri ragazzi dei quali conosco la famiglia… beh… come minimo gli arriverebbero due ceffoni e una litigata di 3 ore, con gara “all’ultimo urlo”.
È questo lo sbaglio. Qui c’è l’errore. Il genitore spesso non sa ascoltare senza giudicare o andare “in bestia”. Il figlio, invece, non sa parlare. Spesso ha paura. Alcune volte pudore. Altre è semplicemente stron…
Mi ricordo quando, a 14 anni, iniziai a fumare. I miei genitori mi dicevano sempre “guai a te se ti vediamo con una sigaretta in bocca”, oppure “non venirci mai a dire che fumi e non darci la possibilità di scoprirlo perché vedi”. Come diavolo fai a confessarglielo, quando succede????
Lo vennero a sapere due anni dopo, perché mi videro sul minibus per Lucerna. Mio padre mi fissava dall’altro capo del parcheggio della stazione. Severo. Ma gli veniva anche da ridere. Io lo conosco: si vedeva benissimo che non riusciva a stare serio come desiderava. Ho preso coraggio e mi sono avvicinata. Mi ha guardata e ha sussurrato: “non si fuma, eh?!? Fila, adesso!”.
Quando mi fermai alla stazione di servizio per la colazione, gli telefonai. Ero in ansia. Lo avrebbe detto a mia madre. Peggio ancora!!! Lei è sempre stata più severa. Io e mio padre siamo complici di tante marachelle. Mi rispose lei. Ridendo. Ed intuii che sapeva. Mi liquidò con un: “ne parliamo quando torni”. E cavolo! Figuriamoci. Sarei tornata dopo quattro giorni.
Non accadde nulla. Mi proibirono solo di non fumare davanti a loro e mi impedirono di usare il terrazzo di casa per le mie “sigarette serali”. Piano, piano, però, capirono che davanti o non davanti io fumavo… e preferirono lo facessi a casa, invece di andare al bar appositamente per poterlo fare in pace.
Questo per dirvi che loro mi avevano “minacciata” ( si fa per dire), promettendomi chissà quali punizioni, per poi non farmi né dirmi niente, tranne le solite cose, tipo “ti fa male”, “te l’avevamo detto”, “che delusione”, “non fumi un po’ troppo?” e “non smetterai mai”. Per la cronaca: ho smesso sei mesi fa.
Quello che mi chiedo è: che bisogno c’era di mettermi addosso tutta quella paura? Di farmi nascondere i pacchetti di sigarette ovunque, pregando non li trovassero? Farmi comprare litri di spray orale al mentolo e chili di gomme da masticare “peppermint”? Spendere un capitale in profumi fortissimi da applicare tatticamente alla superficie della giacca prima di rientrare? Quest’ultima mossa ha smesso di esistere quando andavo al bar tutte le sere: era l’odore del fumo degli altri, mica il mio.
Comunque di cazzate ne ho fatte tante. E so benissimo che un buon 70% loro non le hanno mai sapute. Grazie al Cielo. Li ho fatti disperare. E non me ne rendevo conto. A volte ci penso e, quasi quasi, mi sento in colpa adesso, mentre avrei dovuto sentirmi così anni ed anni fa.
Disprezzavo (in modo leggero, ovviamente) le autorità, i genitori in generale e tutti coloro che provavano a criticare gli adolescenti o a darci degli ordini. Facevamo delle lezioni dove il docente non si sentiva nemmeno! Tornando alla naturalizzazione agevolata, ho fatto tutto questo discorso proprio per farvi capire che prima dei 20-22 anni non si è in grado di decidere cosa si desidera, quale futuro vogliamo per noi stessi. Non si mettono a fuoco nemmeno le proprie idee. Pensate che, io, dai 17 ai 19 anni sono stata una socialista. Io! Una socialista! Ce ne vuole, eh?!? Mi ci vedete? Naaa… Eppure è stato così. Non capivo come andasse il mondo. Mi piaceva perché andavo in giro vestita da alternativa. Come i miei amici. Avevo bandiere di Bob Marley sparse per tutta casa. Per la felicità dei miei. Poi ho aperto gli occhi. Ho cambiato totalmente look, amici, lavoro e partito. Ho costruito le fondamenta, quelle solide. Ora mi sto prodigando per la casa. Piano piano.
Secondo me, bisogna parlare con il giovane che desidera naturalizzarsi. Nascere in Ticino non significa essere svizzeri… Bisogna sentirlo nel cuore, nella vita di tutti i giorni. Ci sono famiglie che fanno nascere i propri figli qui, ma in casa non spiccicano una sola parola di italiano, né praticano un minimo di cultura svizzera. Ma questo è sbagliato non solo per noi, che poi dovremmo viverci accanto. No. È sbagliato per i loro figli. Perché non gli danno gli strumenti necessari per crescere in una società diversa dalla loro. Per carità: ognuno può tenersi le proprie radici, l’ho fatto anch’io quando ho vissuto all’estero (un giorno vi racconterò…), ma secondo me, un genitore ha il dovere di integrare il proprio figlio nella società in cui vive. Prima ancora di legalo alla loro cultura originaria.
Detto questo, appoggio la mozione leghista. Per i motivi citati a grande veduta in questo post.
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